Il potere del silenzio
Il sociologo Pier Paoloo Pinto dà alle stampe il suo nuovo saggio “Inside”: un elogio delle virtù troppo spesse dimenticate del silenzio, considerato come strumento di crescita personale e necessità da soddisfare.
di Anna Maria Rengo
Il silenzio come ribellione, depressione, protesta, chiusura, rinuncia, contemplazione mistica o artistica. Sono tanti i significati, positivi e forse più spesso negativi, che nel corso del tempo e nell’ambito delle varie culture sono state date a questa parola. Ma forse mai come oggi, nella nostra vita da occidentali, da italiani del terzo millennio, il silenzio appare nel migliore dei casi come un miraggio e, nel peggiore, come uno “spazio vuoto” da riempire al più presto di parole, gesti, fatti, facendoci nuovamente assordare dal rumoreggiare dell’umanità, impegnata in tante più “utili” attività.
Ma sono davvero queste le uniche interpretazioni moderne possibili? Il silenzio non può forse essere una risorsa, della quale è auspicabile se non addirittura doveroso riappropriarsi?
Nasce forse da queste riflessioni (sicuramente fatte in un momento di silenzio!) il secondo libro del sociologo romano Pier Paolo Pinto, che dopo avere dato alle stampe il saggio di filosofia politica “Ri-evoluzione della democrazia moderna”, ha deciso di focalizzare la propria sensibilità e capacità di analisi su un soggetto “nuovo” per gli attuali tempi. Scegliendo un titolo evocativo ma allo stesso tempo esplicativo: “Inside – Il silenzio come ozio creativo”.
È lo stesso Pinto a raccontare il vissuto professionale da cui è nato questo interessante saggio dedicato al valore del silenzio.
“Inside nasce dall’osservazione diretta di un mondo che non si ferma mai. Nel mio percorso professionale, tra istituzioni, comunicazione e analisi sociale, ho visto crescere una cultura della continua reazione: essere sempre presenti, sempre connessi, sempre produttivi. Personalmente, a un certo punto, ho avvertito la stessa fatica che riscontro in molte persone: la sensazione di correre senza avere più uno spazio per pensare davvero. Il silenzio non è arrivato come un’idea astratta, ma come un bisogno concreto. Da lì è nata la riflessione: fermarsi non è sottrarsi alla vita, ma rientrarci con maggiore consapevolezza.”
Il rumoroso e iperattivo mondo attuale non rende utopico trovare e/o ritrovare il valore del silenzio?
“Al contrario: lo rende necessario. Proprio perché viviamo immersi nel rumore, il silenzio oggi non è un lusso né un’utopia, ma una competenza da recuperare. Non parlo di isolamento o ritiro, ma di micro-spazi di pausa dentro la vita quotidiana. Il silenzio, così inteso, diventa un atto di resistenza culturale: interrompe l’automatismo, restituisce attenzione e ci permette di scegliere, invece di reagire continuamente.”
Nel tuo saggio descrivi sette passaggi per riappropriarsi dei propri silenzi e spazi. Ce li puoi sintetizzare?
“Sette è il mio numero e i sette passaggi non sono esercizi rigidi, ma una bussola. Si parte dal rallentare e dal riconoscere il sovraccarico, per poi fare spazio togliendo ciò che è superfluo. Si impara ad abitare il vuoto senza riempirlo subito, ad ascoltare il corpo e il pensiero, a recuperare attenzione e creatività. Il percorso si chiude con una nuova relazione con il tempo: meno frammentata, più intenzionale. In sintesi, non insegno a fare meno cose, ma a farle con più presenza.”
A chi consiglieresti in primis la lettura di questo saggio?
“A chi si sente stanco senza sapere esattamente perché. A chi vive la sensazione di essere sempre occupato ma mai davvero centrato. È un libro per chi lavora molto, per chi studia, per chi è costantemente connesso e avverte il bisogno di ritrovare lucidità. È pensato per essere accessibile, ma non superficiale: parla a chi cerca uno spazio di respiro senza voler scappare dalla realtà.”
Infine una domanda personale: nel tuo silenzio, oltre che la voglia e capacità di scrivere questo saggio, cos’altro hai trovato?
“Ho trovato chiarezza. Il silenzio mi ha restituito il senso delle priorità, il valore del tempo non occupato e una forma di ascolto più profonda, verso me stesso e verso gli altri. Ho capito che molte risposte non arrivano quando le cerchiamo con forza, ma quando smettiamo di fare rumore. Ed è questo, in fondo, il cuore del libro: il silenzio non toglie, aggiunge profondità, non è assenza, ma una forma di resistenza e di cura.”
Per restare in tema, non ci sono parole da aggiungere all’esposizione di Pinto. Il suo saggio è disponibile su Amazon, questa l’ultima informazione prima di esercitare, noi per primi e un po’ arrugginiti dalle troppe chiacchiere che ci circondano e che facciamo, la virtù del silenzio!
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